San Giustino de Arno
Descrizione architettonica e storico-artistica

La precettoria templare di San Giustino de Arno si compone di un edificio di culto e di un'ala conventuale collocata in posizione a esso perpendicolare. Evidenti trasformazioni di natura architettonica avvenute nel corso dei secoli hanno sensibilmente alterato la veste medievale dell'insediamento, ma l'analisi dei cabrei conservati presso gli Archivi Magistrali del Sovrano Militare Ordine di Malta a Roma, unita allo studio delle murature, consente di ricostruire, almeno in parte, le diverse fasi edilizie che trasformarono il primo nucleo benedettino in precettoria templare e, in seguito, in commenda giovannita.

San Giustino nel corso del Duecento fu infatti conteso tra i Benedettini e l'Ordine del Tempio, che ne prese possesso a partire dal 1238 per volontà di papa Gregorio IX. Dalle fonti si desume tuttavia che tra il 12 gennaio 1283 e il 28 marzo 1285 i cavalieri rossocrociati furono espulsi dai Benedettini e che, per riappropriarsi di San Giustino, essi furono costretti a chiedere l'intercessione del vescovo di Perugia. Giunti a perorare la propria causa davanti al papa, tornarono in possesso dell'insediamento soltanto nell'ottobre del 1303 per disposizione di Benedetto XI.

Quando i Templari giunsero a San Giustino, trovarono probabilmente un edificio di culto a tre navate di modeste dimensioni. Infatti, sebbene oggi se ne possano scorgere in tutta evidenza solo due, la terza risulta ancora riconoscibile in quella piccola muratura a sacco posta all'esterno in corrispondenza della parte inferiore dell'area absidale. Un ambiente ipogeo occupava una parte rilevante della chiesa ed era caratterizzato da una cripta a "oratorio" illuminata da sottili feritoie non realizzate in rottura e dunque coeve alla tessitura muraria.

Volte a crociera su pesanti archi trasversali scandiscono lo spazio interno di questo interessante ambiente, mentre due colonne sono coronate da tozzi capitelli con decorazioni antropomorfe e zoomorfe, databili tra XI e XII secolo. Datazione questa che ben collima con la prima attestazione dell'insediamento benedettino, risalente al 1196, quando domnus Orlandus camerarius Sancti Iustini de Arno denuncia al podestà di Perugia la detenzione abusiva di terreni appartenenti al cenobio benedettino. Pare pertanto plausibile che, al loro arrivo, i Templari abbiamo deciso di realizzare una nuova abside caratterizzata dalle deliziose arcate sorrette in parte da colonne tortili e capitelli di riuso. L'impressione che si riceve osservandola è che essa non sia stata portata a termine e le motivazioni dell'interruzione del cantiere potrebbero ricondursi allo spostamento degli interessi dell'Ordine verso Perugia, dove, a partire dal 1256, era stata avviata la costruzione dell'imponente complesso di San Bevignate. Ma, visti i conflittuali rapporti con i benedettini, non è neppure da escludere una prima repentina fuga della comunità templare dall'insediamento, cui fece seguito il lungo allontanamento documentato dalle fonti a partire dagli anni Ottanta.

Allo soppressione dell'Ordine del Tempio, avvenuta in forza della bolla Ad providam Christi vicarii del 3 aprile 1312, gli Ospitalieri non dovettero subentrare immediatamente ai Templari, se il 13 luglio 1314 San Giustino risulta ancora occupato dai Benedettini. È a partire dall'aprile del 1316 che i Giovanniti risultano invece attestati in pianta stabile.

Quale fosse la struttura dell'edificio di culto, almeno sino al 1602, ben emerge da una accurata descrizione, in cui si menzionano anche i locali annessi, utilizzati per le fiorenti attività dell'azienda agraria facente capo alla Commenda: si fa infatti riferimento a «un cortile grandotto, a man manca del quale, sotto la chiesa, è una stanza che hoggi se ne servono per cantina, mentre «a man dritta» era collocato il forno coperto da un portico. Nel «cantone a man dritta» del cortile era situata l'abitazione del lavoratore «con due stanze al primo piano, di sopra altre due e poi la palombara». Completava questa parte «una sala con camino et altre comodità, che hoggi se ne servono per granaro», mentre a lato vi era «un casalino scoperto et dirupato da finir la facciata con sua scala di dieci scalini con tre stalle sotto per i bestiami». Al di fuori del cortile si segnalava inoltre un corpo di fabbrica «attaccato alla chiesa» contenente «due canali o vasche per la vendemmia», a riprova di un'antica tradizione vitivinicola che continua a caratterizzare le attività produttive delle aziende agricole di proprietà del Sovrano Militare Ordine di Malta.

Al momento non è possibile stabilire con certezza se gli attuali ambienti limitrofi alla chiesa corrispondano o meno alla domus, ovvero all'annesso conventuale di epoca templare di cui parlano le fonti. Pare del tutto verosimile, però, che nella medesima area fosse collocata la domus ove risiedeva frate Bonvicino, uno dei più potenti cubiculari attestati nelle fonti duecentesche, probabilmente originario di Assisi. In un documento datato 13 novembre 1260, con cui Raniero Mitigoli era chiamato a rispondere del ferimento di Vicino, familiaris et consanguineus di fra Bonvicino, si dichiara infatti che l'aggressione era avvenuta apud Sanctum Iustinum, in domo ipsius fratris Bonvicini.

Ulteriori interessanti dettagli in merito alla commenda provengono infine da un cabreo compilato tra il 1744 e il 1745 per volere del Commendatore fra Giulio Sansedoni di Siena, da cui risulta in primo luogo che «la chiesa nuova [fu] eretta sopra la vecchia, restaurata ed accresciuta nel 1628 dal fra Carlo Aldobrandino». Dalla relazione si evince inoltre che Sansedoni operò un'importante scelta di tipo funzionale, facendo «rinnovare le scale, che sta in mezzo della medesima, e che porta a detto altare maggiore di 18 scalini di pietra, che prima teneva tutta la larghezza della chiesa e copriva l'entrata sotterranea».

In seguito a tale rimaneggiamento la scala fu invece «situata in altra forma divisa in due branchi laterali, in figura ovale, sull'idea e disegno di Santa Prassede di Roma, lasciando così in mezzo di essa il luogo di scendere commodamente al nuovo altare fattovi di stucco sotterraneo nell'apertura di detta chiesa vecchia, e vi ha lasciato sopra detto altare il luogo per collocare l'urna col corpo di san Giustino».

I cabrei redatti dai vari commendatori succedutisi nella gestione della Commenda di San Giustino offrono quindi un'immagine molto articolata dell'insediamento, che si componeva di diversi corpi di fabbrica innalzati al fine di creare una corte centrale.

— Nadia Bagnarini